StatoDonna, 11 dicembre 2021. San Giovanni Rotondo, Bisceglie, Andria, raggiunti in treno o in macchina: “Viaggiare nei primi tempi di lavoro è una scoperta, socializzavo nei vagoni, sempre, ora mi piace comunque andare fuori e osservare nuove realtà e nuovi paesaggi”. Stefania Piccirilli è una pittrice, insegna in una scuola del paese di S. Pio dopo aver conosciuto vari istituti della Puglia.
Considera la didattica una filosofia che oltrepassa le ore dalla cattedra: “L’arte deve essere generosa, non egoista, con l’associazione “I Percorsi dell’arte” ho portato avanti questa volontà. Il Covid ha fermato uno spazio ampio, un grande atelier dove tenevamo workshop, laboratori, mostre. Senza iscritti abbiamo dovuto pensare a una sede più piccola che partirà a breve. Ricomincio da capo, fisicamente, idealmente la strada continua”.
Non si definisce “artista” ma “creativa”, pittura come passione e scultura dell’argilla come prossima attività in cui cimentarsi, e che bisogna trasmettere agli allievi. La sua casa è piena di quadri, non una novità se ti aggiri fra tele e pennelli ogni giorno. Una sua opera arrivò in Francia per una collezione privata e fu venduta al suo ritorno in Italia: “Sì certo, ci guadagni, ma se ne va via una parte di te, se un quadro lo regali e conosci la persona che lo terrà c’è una partecipazione diversa”.
Aggirarsi in un’abitazione zeppa di suoi dipinti non la scompone, non ci fa nemmeno caso, è la normalità anche se, magari, potrebbe intaccare la fruizione degli spazi: “Sono abituata ad avere la casa piena di foto sparse, cornici, pareti piene, mio padre era un fotografo autodidatta e a tutte noi figlie ha insegnato l’arte. Loro stanno lì, mi fanno compagnia, sono dei compagni taciti che non giudicano e ti ascoltano.
Dietro ognuno di loro puoi scoprire l’abbraccio, la frustrazione, l’abbandono, chi ha sensibilità coglie anche altro, non solo la tecnica, il colore o la forma. Con il quadro deve crearsi empatica, ma quella o ce l’hai oppure no. Ognuno deve poi vederci quello che vuole, liberamente, in un’opera, senza vincoli”.
Tutte le opere sono uguali, in quanto a legame con esse, ma a quelle che rappresentano Frida Kahlo è ancora più affezionala: “Lei è la mia passione, l’ho scoperta alle scuole superiori quando i libri ne parlavano poco. Io mi sono voluto addentrare nella scoperta della sua personalità. È complessa dal punto di vista simbolico, mi sono lasciata affascinare dalla sua fragilità che ha saputo rendere opera d’arte, è anche un esempio di vita. A me piacciono le fragilità perché è anche troppo facile appassionarsi alla forza”.
Di Frida oggi si parla certamente di più rispetto ad anni fa. “È anche troppo sdoganata, se n’è fatto un abuso in tutte le sue forme. Ma chissà, forse declinerà pure questa moda e arriverà qualcos’ altro. Io penso che dia ispirazione dal punto di vista anatomico, fra le altre cose, e offra sperimentazioni cromatiche avvincenti nel decorativismo del tessuto messicano”. Qualche anno fa nella mostra da lei organizzata su Frida – con Carmen Rosa Biccari, fra foto e abiti disegnati dalla stilista- venne rappresentata la femminilità in tutte le sue forme, anche quelle più dolorose, le cicatrici dopo un intervento al seno, per esempio.
Quando la sua musa ispiratrice si concentra su Foggia non c’è luogo eletto a dettare una creazione particolare: “Faccio attenzione, ti sembrerà strano, agli aspetti più malconci e desolati della città. Le zone più bistrattate vanno riabilitate, dare colore all’abbandono come si fa oggi con i murales, un filone internazionale che ha preso piede negli ultimi anni, mi interessa molto. Sai, ogni volta che passeggio per parco S. Felice immagino che dagli alberi possano spuntare poesie di autori sconosciuti, penso ad alberi della dolcezza e della gentilezza. Il bello deve diventare un deterrente per allontanare i cattivi pensieri e i furfanti, valorizzando e proteggendo dai vandalismi il teatro e l’arte”.
Stefania è nata a Motta Montecorvino, vive a Foggia da 20 anni: “Questa città mi ha accolto, mi ha dato degli strumenti, ho conosciuto delle persone eccezionali sia durante il percorso di studi all’Accademia di Belle arti sia dopo. È un territorio complesso, spigoloso, ma io ci ho fondato i Percorsi dell’arte… Foggia dovrebbe dare più importanza all’artista nel senso che non deve essere considerato il “giullare di corte” ma una persona che lavora e si impegna. Vige ancora il tabù che l’arte non faccia parte di una cultura più ampia…”.
Riprendiamo il discorso parlando di “salotto culturale” come luogo di confronto per discutere di mode, tendenze, proposte artistiche: ma esiste? “Noto una tendenza generale più ad esibirsi, a mostrare quello che si ‘deve’ saper fare invece che a confrontarsi, anche, su ciò che non si sa fare. Personalmente ho selezionato gli amici con cui svolgere questo confronto e con cui collaborare. Più spesso lavoro in solitudine, preferisco dedicarmi agli altri come ho iniziato a fare 10 anni fa con la mia associazione”.
Sognare un luogo altro da Foggia sarebbe semplice: “Potrei dire che mi piacerebbe vivere a Parigi, Firenze, Roma ma io sono molto legata al ‘qui ed ora’, sono legata a Foggia e, sino a oggi, non è andata male. Dovrebbero esserci più opportunità per gli artisti, questo sì, dove per opportunità intendo la possibilità di mostrare quello che si è, di raccontarsi. Questo vale per tutti e per una nuova leva di artisti che può dare altri punti di ispirazione”.
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