Stato Donna, 8 dicembre 2021. Cerco di insegnare ai ragazzi della mia scuola ad apprezzare le piccole cose. A goderne, come di un abbraccio improvviso, di una carezza inaspettata, di una sorpresa che scalda il cuore. E facciamo tesoro di questi racconti, frasi, esperienze che l’un altro ci doniamo perché il calore si propaghi uniforme in tutti, e ravvivi anche certe braci che giacciono sotto una cenere più spessa.
Che reprime e sopprime.
Non ce lo diciamo mai che è un momento complicato per tutti. Abbiamo deciso di fare il contrario. Di celebrare il bello che ci accade, che ci capita improvviso, che ricerchiamo, che aspettiamo, che vogliamo per forza vedere. Il bello che ciascuno sa di possedere e, per pudore, nasconde. Lo facciamo ad ogni lezione: un quarto d’ora che non è sottratto all’istruzione ma che ne diventa elemento portante, l’asse intorno al quale come piccoli pianeti ciascuno ruota. Non si fa filosofia nelle mie classi. Si vive e si condivide la vita.
Come Maria, che ha voluto rispondere per prima alla mia richiesta di iniziare a pensare un bilancio di questo 2021 che sta per concludersi. Ho chiesto loro di scegliere una cosa buona che è successa quest’anno e che si vogliono portare dietro nel 2022, come buon auspicio. Maria, sedici anni, ha parlato per prima. Ha raccontato di un lungo periodo di tristezza e di sconforto per una situazione familiare complicata. Ha parlato di un odio verso se stessa che la costringeva a vestirsi male, a mortificare la sua bellezza.
La conosco da due anni e so di cosa parla. Ho visto, piano piano, una presa di coscienza, un’assunzione di responsabilità, un cambiamento. Senza retorica. Perché per realizzare un cambiamento bisogna esserci predisposti. Bisogna averne dentro una scintilla, un’idea, un barlume. Non si cambia per forza, o a comando. E la paura non è mai il migliore degli inneschi, e nemmeno la disperazione o la solitudine. Altrimenti quello che si diventa è una proiezione, un’ombra, non è la realizzazione di un bisogno, né di un desiderio profondo, tantomeno di un sogno. È una reazione, una risposta, sopravvivenza, a volte. E noi, che lo desideriamo davvero e ci abbiamo creduto, nel cambiamento, lo sappiamo e lo sbandieriamo sì, ma senza troppo orgoglio. Piuttosto come un premio di consolazione, come arrivare secondi a Sanremo, insomma. Qualcosa di cui essere fieri, ma non fierissimi, convinti ma con moderazione.
Come quando sorridi con la bocca ma non con gli occhi. Perché il cambiamento non prevede mezze misure. O c’è o non c’è. Non ce n’è un po’. Per questo non può esserci cambiamento nella chiusura a se stessi e al mondo, dimenticando progetti, sogni, persone. Decidendo di rinunciare a desideri da inseguire, da costruire, da pretendere, da realizzare. Scegliere di cambiare, quindi, è l’innesco giusto. La scelta consapevole.
Maria adesso si veste carina e ogni tanto azzarda un lucidalabbra colorato. “Mi sono ritrovata, prima mi ero un po’ persa. Ma io intendo prima prima, prima di Covid. Ora no prof, ho riflettuto tanto in questi due anni. Con voi e poi da sola”. “Sono molto contenta, Maria. E cosa vuoi portare nel 2022?”. “Voglio portare me”.
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