Maria Picariello: con i tacchi sul parquet per il suo primo amore, il basket

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Stato Donna, 29 ottobre 2021. Dal basket al calcio passando prima dalla squadra dell’Avellino e poi da quella del Foggia appena Assunta Pintus rilevò la proprietà del club. Con l’arrivo di Canonico il contratto non è stato rinnovato. Maria Picariello è stata responsabile dell’organizzazione eventi e comunicazione della squadra rosso nera per un anno circa, poi è tornata nella sua città.

Come l’hai rivissuta Avellino?

Ci sono sempre tornata, al massimo ogni due settimane ero qui. È sempre la stessa.

Ti sta un po’ stretta, rispetto a Foggia?

Ha 60mila abitanti.

Solo calcio o sei tornata a Foggia anche dopo?

A Foggia ho amici, colleghi con cui mi incontro. Abitavo nel centro, verso l’isola pedonale, sopra un bar. Penso che quella zona sia bellissima, una bomboniera, a un certo punto giravo senza navigatore. All’inizio ero un po’ disorientata, poi mi sono abituata, una parte del cuore è rimasta a Foggia.

Sei stata la prima donna all’interno del club a occuparti di comunicazione ed eventi, credo, a memoria di donna…

Ero fuori dagli schemi della società degli ultimi 20 anni, donna e anche non di Foggia. Quando i tifosi hanno saputo del mio arrivo sono stata sommersa dall’entusiasmo dei social. Mi mandavano immagini, messaggi, tanti attestati di stima che mi hanno fatto molto piacere. Ma non riuscivo a gestirli tutti, quindi per un po’ ho dovuto accantonare i social per qualche settimana.

E con i colleghi del giornalismo sportivo com’è andata?

Bene, mi hanno chiamato subito per conoscermi, sono stati molto disponibili perché sapevano che avremmo fatto un percorso insieme.

Li ricordi tutti?

Tutta la folta casta del giornalismo sportivo.

Scaduto il contratto non te l’hanno rinnovato. Come mai?

Capita che le società si affidino di più a persone che conoscono, di fiducia, persone cardine, anziché a chi conoscono di meno, come nel mio caso, questo è capitato quando si è arrivati alla gestione con il dottor Canonico. Sono approdata a Foggia perché dirigevo un’agenzia di comunicazione per metà di un imprenditore di Caserta, per metà di Filippo Polcino. Assunta Pintus ci volle entrambi con lei.

Te e Polcino?

Sì, ma i contratti tante volte non vengono rinnovati dopo un anno, anch’io ho visto intorno a me tante persone andare via quando lavoravo per la squadra di basket di Avellino.

In un video di qualche anno fa, ospite di una giornalista, raccontavi la tua esperienza di oltre un decennio nella Scandone Avellino

Era una delle più quotate di serie A, con esperienze in Champions league, in Europa league e anche internazionali. Sono stata una delle persone più longeve della società, 13 anni, una fortuna, e sono stata anche un po’ brava.

Hai preferito il calcio al basket?

No, la mia squadra, che aveva anche acquisito quella di calcio dalla serie D, ha avuto dei problemi economici, quindi è cambiato tutto, venduta la squadra di calcio e per quella di basket fu chiesta l’autoretrocessione.

Hai messo mai a confronto il mondo del calcio e quello del basket?

Nel basket la visione della gestione è più aperta e cosmopolita, più accogliente, forse perché ci sono molti stranieri, tanti americani ed europei.

Giornalista sportiva, poi addetta alla comunicazione in un mondo maschile

Divento giornalista sportiva per seguire una mia amica che amava il calcio e che mi invitò nella redazione di un giornale appena nato, senza che del calcio capissi granché. Io volevo in realtà scrivere, imparare, girare, conoscere persone, confrontarmi con loro per vincere la mia timidezza a 17 anni. Ho lavorato in tv e nella radio, sono stata caporedattrice in un giornale sportivo e poi sono arrivata al basket.

Con i tacchi 12 sul parquet davi indicazioni a tutti

Chi te l’ha detto?

Lo dice la giornalista nel video mentre scorrono le immagini di te che guardi il pc, segui la partita, parli al cellulare, ti muovi con i tacchi sul parquet

In realtà all’inizio avevano difficoltà a prendermi sul serio, sai “ha parlato una donna”, pensavano. Io gli dicevo di concedere o meno interviste, di fare una foto, di andare da uno sponsor, per fare un esempio, e all’inizio non mi ascoltavano, poi ho forgiato il mio carattere dentro questo mondo di maschi e giganti del basket. Per far sentire la mia presenza in qualche modo dovevo fare così, il tempo è passato e le cose sono andate meglio.

 

L’esperienza a Foggia con una donna nella proprietà della squadra, Assunta Pintus, com’è stata?

Molto bella, Foggia è una bellissima piazza, il calcio si vive a 360° e appena metti piede nello stadio te ne accorgi. Con Assunta Pintus ci confrontavamo ogni giorno, persona disponibile e ottima imprenditrice, seguivo le sue direttive e spesso lei ascoltava le mie. Che poi è il mio lavoro, quello della comunicazione.

Hai avuto modo di risentirla?

No, dopo la fine del contratto le nostre strade si sono divise.

Della vicenda di Greta molestata fuori dallo stadio cosa pensi?

Sono cose spiacevoli quando succedono in generale, ti senti violata, ma è ancora più spiacevole quando succede mentre lavori perché senti la tua professionalità non riconosciuta, e non ti senti tutelata in quanto donna. Siamo nel 2021 però di uomini di bassa lega, chiamiamoli così, in giro ce ne sono ancora molti.

Ti è mai capitato un episodio del genere?

Quando facevo la giornalista mi è capitato più volte di essere insultata davanti agli stadi dai tifosi, è successo anche mentre ritiravo gli accrediti per seguire la partita. Insultata perché donna, carina e stai davanti a uno stadio, possibile? Purtroppo sì.

E del collega che dice a Greta “non te la prendere”, dallo studio, cosa pensi?

Penso che l’abbia fatto per smorzare, per sdrammatizzare, ma in modo un po’ superficiale.

Hai mai risposto a tono, in qualche circostanza?

Ci sono volte in cui si può fare e altre no, spesso si aggravano le cose, si possono istigare a fare peggio. Non dico che le donne devono stare in silenzio, ma ci sono modi e luoghi per rispondere.

Un problema radicato, questo delle offese, come si risolve?

Le donne si devono fare scivolare addosso certi apprezzamenti, anche a me spesso hanno fatto delle battute, anche pesanti. Devono andare avanti per la loro strada senza farsi smontare nei propri progetti. Se non formi il tuo carattere è difficile andare avanti.

Le donne sono poche nel giornalismo sportivo rispetto agli uomini?

Sì certo, rispetto ad altri settori sì, comunque anche nei club il mondo era quasi totalmente maschile fino 20 anni fa, quando ho iniziato io eravamo solo in 4, adesso le cose stanno cambiando.

Il quid in più della donna in un club di calcio.

La capacità organizzativa, per esempio, oltre a ingentilire l’ambiente del calcio in generale.

In questo periodo di cosa ti occupi?

Lavoro per una software house che si occupa di gestionali per la sanità e la pubblica amministrazione.

E il giornalismo sportivo?

Mi manca, ha occupato 20 anni della mia vita, un lavoro che non ha eguali, senza weekend liberi, con l’entusiasmo e la carica che ti dà la partita sul campo di calcio o sul parquet.

Sei ancora timida?

Il carattere non cambia mai, ma poi quando lavoro mi trasformo e questo è il lavoro che amo, dove ho conosciuto tante persone e ottimi professionisti.

Hai un obiettivo che ti sei prefissata?

Non ho un vero e proprio obiettivo, che sia una squadra o un’azienda, voglio continuare a fare il lavoro che mi piaceva, continuare a migliorarmi, anche questo è un obiettivo per il futuro.

Paola Lucino, 29 novembre 2021