Stato Donna, 20 novembre 2021. Lo spettacolo a Santa Chiara nel 2017 era “Minacciosamente”, Giovanna Russo si esibisce in una serie di melodie di Mina e di pezzi storici della canzone italiana e napoletana. Aveva lavorato con Paolo Limiti in Rai e poi aveva deciso di fare l’artista sulle navi da crociera. Era scesa a terra, e naturalmente, c’era Foggia, dov’è nata ed è cresciuta, nel suo orizzonte.
Che cosa bella Sanremo, mi sono rimessa in gioco, ho fatto un concorso e ho deciso di tornare a vivere qui, nella mia città. Mi godrò la mia famiglia e i miei genitori. Siamo stati bloccati dalla pandemia e io, come dire, sono scesa dall’astronave. Quando apro la finestra la mattina vedo sempre la stessa scena, non ci ero più abituata.
Guarda, non ti dico. A febbraio 2020, quando si diffondevano le voci del contagio, eravamo in un viaggio fra India Maldive e Sri Lanka, un tour bellissimo. Da quelle parti si parlava poco della gravità del Covid, quando è diventata pandemia non ci facevano attraccare da nessuna parte ed eravamo a bordo dai cinque mesi. A un certo punto ci siamo ritrovati solo equipaggio e pochi ospiti. Siamo stati in quarantena, tanti giorni senza sbarcare da nessuna parte, in Italia non ci voleva nessuno, poi una disposizione del presidente del consiglio ha permesso di arrivare a Civitavecchia.
Non volevo andare a casa dei miei genitori ma stare in albergo sebbene sulle navi siamo stati sempre controllati e il tampone era risultato negativo. Ero tanto confusa non sapendo quale sarebbe stato il mio futuro lavorativo né quello del mio compagno. Siamo stati abbandonati da tutti. Non eravamo né marittimi né musicisti ma artisti con contratto a tempo determinato, e la nostra compagnia non si è fatta più sentire. Mickael (in foto in un numero acrobatico) che è un equilibrista sulle mani, si sta reinventando, studiando numeri nuovi per altri spettacoli. Io per ora resto qui, voglio coccolarmi i miei genitori ormai anziani.
È una cosa che mi sono cercata da sola, ho fatto il concorso con un polso rotto e un terribile raffreddore. Nella giuria con Franco Fasano chiedevano a tutti che lavoro facessero, ed io ero l’unica ad essere cantante professionista. “Volete vedere una donna felice? Fatemi cantare”, ho detto.
Piena di fosse, diciamo che sono stata un po’ disconnessa da questa città perché l’ho lasciata dopo le superiori, ho studiato architettura a Napoli e, nel frattempo, cantavo già nei piano bar. Sono straniera nella mia terra, ma voglio essere uno strumento perché di questa città si parli per cose belle. Ho vissuto una vita surreale in questi anni e, per la connessione lenta a bordo, mi era difficile farmi ascoltare attraverso Youtube e i social, ma pian piano mi sto aggiornando. Questa per me è un’altra rinascita.
Quando ho superato un tumore alla tiroide mentre ero in Rai, dopo l’operazione ho scoperto la paralisi di una corda vocale, mi avevano detto che non avrei più potuto cantare. È stato il buio totale. Mi sono detta “faccio altro” e ho finito gli esami all’università laureandomi in architettura e, per un paio d’anni, ho fatto l’assistente e poi ho avuto l’occasione di imbarcarmi sulle navi quando mi sono ripresa. Dopo l’operazione- non volevo farla, dicevo che avrei cantato finché potevo – una logopedista ogni giorno mi insegnava a bere e parlare e riuscivo ad emettere una sola nota… che pazienza, che brava. Un giorno la dottoressa si accorge che stava cambiando qualcosa e mi suggerisce di andare a fare una visita di controllo. Il foniatra Ugo Cesari che mi stava seguendo mi guarda e si commuove. Mi dice: “Emetti una nota, Giovanna…emetti una nota!”. E io “Sì, ma quale nota”. Invece si è sbloccata. Quel giorno in casa c’era un profumo fortissimo ma nessun fiore in casa.
Non lo so, ma è successo questo.
In quel periodo volevo capire quale poteva essere la mia strada. Paolo Limiti mi disse “tu sei sempre dei nostri”, ma qualcuno ha preso il mio posto in trasmissione mentre io ero convalescente. Poi mi è capitata l’occasione di lavorare altrove sulle navi da crociera.
Mi sto facendo un po’ riascoltare, andando in giro, facendo concerti, voglio ricominciare a sentirmi parte di questa terra.
Mi sono giocata una carta importante, l’occasione di farmi ascoltare da tante persone
Una volta in nave lo spettacolo aveva dei pezzi già fissati in programma e chiesi a una direttrice di crociera di cambiarne solo una nella scaletta inserendo questa. Mi disse che era “troppo italiana” e non andava bene in un ambiente internazionale. Ma le emozioni parlano una lingua universale. L’avevo ascoltata sulla base di una cantate spagnola e mi era piaciuta molto. È stato un successo, la gente era in piedi ad applaudire dopo aver sentito l’Immmesità.
Canto una canzone di Bruno Lauzi e Franco Fasano che ho conosciuto a Sanremo, una bella coincidenza. Ugo Ficini è un direttore che omaggia cantautori, Tenco, Endrigo e ora Bruno Lauzi, il ricavato va per opere di beneficenza.
Che dolore la notizia della sua morte, al funerale ho abbracciato i suoi familiari. Mi mandava sempre messaggi in cui mi raccontava quello che faceva, a un certo punto non me li ha mandati più e io non ho insistito. Ce l’ho nel cuore questa cosa, siamo cresciti insieme, io nella sua squadra di pallavolo, l’Avis in C2.
Uno deriva dal lockdown e dal tormentone del “vado a camminare”, è un concerto dal titolo “Giovanna Russo camMina con Torindo Colangione”, musicista che ha lavorato con Gino Paoli. A dicembre, all’auditorium mons Di Donna ad Andria, terremo la nostra seconda esibizione. Poi sempre il mio “Minacciosamente” con una band, e altri progetti di generi diversi e internazionali come quello de “Le Rosse”… ma non dico di più.
Interprete per me vuol dire far risuonare le emozioni delle sue canzoni con la mia voce. Mina l’ho portata in giro per il m ondo, non me ne faccio un vanto, è stato un percorso che mi ha fatto stare bene. Quando facevo la gavetta nei piano bar ho sempre coinvolto il pubblico chiedendo cosa volesse ascoltare. Mi arrivavano tanti bigliettini e molti richiedevano soprattutto canzoni di Mina, a tal punto che ho creato un concerto di canzoni dedicate a lei.
No, più volte ho iniziato a scriverle una lettera ma l’ho sempre cestinata, sia a mano, sia al computer. Qualche anno fa lei ha fatto un disco con una canzone “Volevo scriverti da tanto…” e mi sono detta, chissà se è il momento di mandarle la lettera. Poi un arrangiatore di Mina che ho incontrato in nave, mi ha detto: “Se la scrivi gliela consegno io personalmente”. È stata consegnata e ora sa che io esisto. Un giorno andrò a Lugano anche solo per respirare quell’aria e, magari, scrivere una nuova lettera a suo figlio Massimiliano Pani per ringraziarlo di questo percorso che Mina mi ha fatto fare in tutti questi anni.
Ho cantato in molte lingue, le canzoni più famose in spagnolo, in francese (la lingua del mio compagno, che ne parla quattro), in portoghese, in inglese. Ho cantato anche in sanscrito facendomi aiutare nella pronuncia dalle persone a bordo, soprattutto gli indiani.
Mi manca il teatro, l’adrenalina dell’inizio, il rapporto con il pubblico, le luci sulla scena. Sulle navi ci sono teatri anche di mille posti. Ma oggi sto imparando a fare cose nuove in un modo nuovo e voglio essere un piccolo orgoglio di questa città. E poi Foggia, FG, è.. Forza Giovanna!
Paola Lucino, 20 novembre 2021
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